Così Columella, scrittore romano che raccontava di agricoltura, definiva il vitigno Nebbiolo nel I secolo d.C., nel suo trattato sull'agricoltura De Re Rustica.
Luoghi comuni vorrebbero il Nebbiolo originario dell'albese e delle Langhe; pare invece possibile che sia di origine valtellinese. E’ un vitigno pregiato, da sempre considerato "difficile" da coltivare: è molto esigente in fatto di terreno e microclima, e bisognoso di molte cure. In cambio, dà uve di altissima qualità, equilibrate tra colore, corpo, acidità, aromi e robustezza alcolica, dalla vinificazione in purezza o con minimi apporti, per produrre vini "nobili" di gran corpo e durata. Le coltivazioni attuali sono frutto di una grande evoluzione nel tempo, che ha portato ad una drastica riduzione e selezione delle superfici adatte; per questo motivo il Nebbiolo è considerato autoctono per eccellenza, "vitigno da terroir", perché fortemente legato alle zone di produzione; | in Italia, oltre alla prevalenza del Piemonte, si trova in Valle d'Aosta, Valtellina, Franciacorta e Sardegna. Ha acini molto fitti e piccoli, di colore turchino o azzurro cupo; nel corso della maturazione si ricoprono abbondantemente pruina, e danno così l'impressione di essere "annebbiati". Forse il nome del vitigno deriva da qui, o dal fatto che la maturazione tardiva delle uve porta alla vendemmia tra le nebbie autunnali oppure. Altra origine possibile del nome è dal latino "nobilis". Resta il fatto che quest'uva "meravigliosamente vinosa... fa ottimo vino da serbare e potente molto" (De Crescenzi, 1304): si presenta sostanzialmente diverso in relazione al terroir di appartenenza ma è sempre fine ed elegante, ricco e complesso, unico ed inconfondibile. Predilige un lungo invecchiamento per raggiungere quelle caratteristiche di superiorità e di gran classe che lo hanno reso celebre nel mondo: nobile, appunto! |